Nel grembo di un cosmo
Mostre d'Arte
Nel grembo di un cosmo
Sala Fontana presenta un’accurata selezione di opere di Mario da Corgeno: ben 29 disegni e 24 sculture realizzate tra gli anni 70’ e oggi.
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Personale di Mario da Corgeno presso la Sala Lucio Fontana
Una tranquilla mattina di dicembre, il lago di Comabbio è immerso in un silenzio quasi irreale, mentre il sole comincia a far capolino all’orizzonte illuminando i profili delle montagne. Siamo a Corgeno per incontrare Mario, lo scultore salito agli onori della cronaca anni fa, anche grazie all’appassionata opera di informazione di Nino Miglierina, condirettore de “La Prealpina” e fine intenditore d’arte. Mario è un artista che ama lavorare in silenzio, perfettamente conscio del significato e del valore della sua opera. In questi anni Mario da Corgeno ha lavorato intensamente in due direzioni: proseguire nella sua esperienza espressiva sino a trovare una dimensione ancora più definita della sua arte; creare nella sua terra, dove ancora si respirano i valori e le atmosfere di una civiltà contadina ricca di valori e tradizioni, un’oasi di riflessione, a contatto con quella natura che con la sua bellezza è sempre in grado di stupire e di far recuperare all’uomo il vero significato della dimensione interiore.
Comabbio ha l’onore di accogliere un interessante selezione di 24 sculture e 29 disegni dell’artista Mario da Corgeno presso la Sala Lucio Fontana. Importante spazio espositivo che promuove la cultura dell’arte nel territorio, proponendo mostre, manifestazioni e iniziative culturali di grande spessore.
Considerazioni sull'arte di Mario da Corgeno
La contenuta eppur accorta selezione delle opere di Mario da Corgeno qui presentata rende anzitutto conto di un dato non riducibile alla dimensione materica ma non banale nella produzione del nostro: vale a dire il polimaterismo, la capacità cospicua di
passare senza problemi dalla produzione grafica a quella scultorea, a sua volta declinabile in lapidea, lignea, metallica.
Non si tratta, ovviamente, di mera perizia tecnica, anche se questa esiste ed è giusto riaffermarla in un’epoca che ha spesso sottovalutato, e per pura scelta ideologica, le qualità poieutiche, fattive operative dell’artista.
Ma c’è di più: la capacità cioè di adattare il proprio linguaggio, senza mai perderne l’accento specifico, alle tipologie caratteristiche dei vari materiali, in una dialettica che rispetta la potenza inventiva ma comprende la “vocazione” dei media.
Per chi, come lo scrivente, ha affrontato la complessa impresa di coordinare un catalogo globale dell’opera di Mario da Corgeno, è confortante assistere al dipanarsi di questo cammino espositivo che in qualche misura epitoma i grandi temi della sua arte e di cui è opportuno far risaltare le componenti fondamentali.
La grafica segue un cammino evolutivo (non strettamente cronologico ma in sostanza tale) dalla formazione con Pietro Annigoni e dalla capacità già magistrale di muoversi fra un costante michelangiolismo e suggestioni da Edvard Munch come da Amedeo
Modigliani alla scelta di un tratto meno realistico e più astratto, basato però su di una chiarezza iconografica e sull’uso accorto delle tecniche (e qui riemerge la lezione annigoniana) che realizza singolari equilibri fra il primato della linea e la ricerca della
tridimensionalità.
In qualche misura lo stesso discorso vale per la scultura, più condizionato però dalla feconda relazione col materiale: così alle sinuosità wildtiane che progressivamente si mutano in astrazioni attente a Henry Moore ma geniali nel giocarsi su tutte le variazioni (e uso apposta il termine musicale) proprie del marmo si unisce la capacità, nell’uso dei metalli, di riproporre sì gli stessi schemi, ma con più fluente duttilità e attenzione non secondaria agli effetti
visivi; mentre al legno è demandata la riscoperta (tutt’altro che limitabile ad interessi antropologici neoprimitivismi più o meno alla moda) dell’essenzialità, della potenza comunicativa della materia che l’astrazione esalta proprio nella sua apparente minimalità.
A questa già ricca tipologia, la parola poetica (opportunamente qui riprodotta in alcuni snodi essenziali) conferisce un tono insieme esplicativo e di ulteriore rimando alla complessità dell’espressione: Mario da Corgeno agisce, nel suo fare artistico, alla perenne
ricerca di “altro”, all’insoddisfazione metodologica per risultati comunque inferiori per definizione alla forza dei sentimenti personali; che è prova, e non ultima, della sua grandezza artistica.
Qui risiede, a ben vedere, lo specifico del pittore-scultore (e aggiungo, non esponibile, la qualità delle realizzazioni architettoniche nella sua casa-studio-museo): nella sua tetragona capacità di resistere alle mode pur essendo ben conscio dei grandi sommovimenti del Novecento; dell’essere con tenacia se stesso anche a costo di isolamenti e fraintendimenti; del declinare appunto un linguaggio personalissimo in una quantità ai limiti dello sperimentale (e qui il paradigma ineludibile è Pablo Picasso) di “indagini sulla materia”: quelle appunto evocate nella suggestione della mostra.