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L'incontro con la Maestra Ines Franzetti

Una mattina di settembre uscii dal mio nido sicuro, dal mio luogo di protezione, la mia casa e mi incamminai verso la scuola. Avevo una buona sensazione nel cuore, mi sentivo tranquillo ed ero consapevole delle conferme avute. Sapevo che non ero solo. NON SONO SOLO.

Saliva in me la voglia d’imparare a leggere e a scrivere. Arrivai a scuola dove feci le prime amicizie e conobbi anche la signora Maestra, Ines Franzetti; una donna mite, dolce ed amorevole, inconsapevole del fatto che sarebbe stata una pedina molto importante per il mio futuro.

Eravamo in aula e, dopo aver iniziato la giornata con una preghiera mattutina, si voltò per prendere un gessetto. La sua mano cominciò a scorrere sulla lavagna e le bianche lettere iniziarono a prendere forma con la sua leggera, elegante ed indimenticabile calligrafia; quel giorno imparammo le prime lettere dell’alfabeto. Le lezioni con la signora Maestra erano sempre belle; nella classe regnava il silenzio mentre noi, tutti attenti, ascoltavamo le sue storie e le sue spiegazioni.

Più avanti la Maestra iniziò a farci disegnare e io scoprii il piacere di questa meravigliosa attività. Nelle ore successive continuai a pensarci tanto che, la sera a casa dopo aver cenato, presi i miei fogli e le matite, mi sedetti sulla sedia accanto al focolare e tornai a disegnare. Mia mamma, intenta a cucire, era lì accanto a me, seduta sul tavolo e con i piedi appoggiati alla sua sedia. Il focolare era la nostra unica fonte di luce in quella piccola cucina e così calò una dolce atmosfera; la legna scoppiettava e il suo profumo riempiva tutta la stanza, mentre la luce illuminava l’amorevole volto di mia mamma. Quelle sensazioni e il suo viso sono ancora vivi nei miei occhi e mi avvolgono il cuore di amore, permettendo il volo ai sogni più belli.

Era mattina quando, andando a scuola, mi resi conto che mancava qualcosa; realizzai solo successivamente che la sera prima, assorbito tanto dal disegno, mi ero dimenticato di fare i compiti e così, la maestra, mi fece restare a scuola fino alle sei per poter recuperare.

La mia Maestra era una donna davvero buona e lo sentivo che ci teneva a me. Amava la natura e quindi di tanto in tanto ci portava a far lezione all’aperto per mostrarci le bellezze naturali del nostro Territorio.
Una mattina uscimmo per la consueta lezione all’esterno e d’un tratto si fermò e, girandosi verso di noi, ci disse: “Aprite gli occhi e guardate”. Pensai di avere già gli occhi già aperti e mi domandai cosa intendesse con quella frase!

Riflettei sulle sue parole e mi resi conto pian piano di cosa parlasse; iniziai così ad osservare più profondamente ciò che vedevo, la bellezza delle cose che ci circondavano e tutto il resto. Osservai così intensamente, e non solo con gli occhi, che mi sentii da subito più ricco, apprezzando anche i dettagli di ogni minima cosa; il nuovo modo di vedere mi riempiva l’anima e il cuore.

La Maestra mi faceva disegnare molto ed io, d’altro canto, non riuscivo a smettere. Nei giorni precedenti era venuta a sapere che avevo realizzato con il traforo una rappresentazione in miniatura della Tour Eiffel; aveva insistito tanto per vederla che alla fine l’aveva lasciata in bella mostra nella nostra classe.

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