L’Esilio
L’Esilio
L'allontanamento dal nido familiare
I primi cinque anni della mia vita trascorsero in felicità e serenità, circondato dal calore e dall’amore della mia famiglia; specialmente della mia cara mamma.
Poco tempo dopo il mio quinto compleanno, con l’arrivo dell’estate del 1950, nacque il mio fratellino: Giancarlo. Per un po’ di tempo ci fu gran felicità per il nuovo arrivato, ma presto la realtà della vita si sarebbe ripresentata; e così fu. Mamma era in difficoltà, per lei era faticoso e difficile gestire due figli piccoli e la casa, per non parlare poi di tutte le preoccupazioni che poteva affrontare una madre e moglie di altri tempi. Sentii i miei genitori discutere a lungo finché, ahimè, presero una decisione che avrebbe cambiato il resto della mia vita.
Era una mattina d’estate; di quell’estate che non avrei mai più dimenticato. Il sole, ancora basso, faceva appena capolino oltre le piante del giardino. Qualche uccellino cantava felice fra le chiome degli alberi.
Mia madre, più silenziosa del solito, curava Giancarlo, mentre mio padre era strano e irrequieto: qualcosa non andava. Mi chiesi se magari avessero discusso tra loro o se avessi fatto qualcosa di male.
“Vieni”, mio padre mi si avvicinò a prendermi la mano e mi condusse fuori casa. Mi mise a sedere sulla canna della sua bici e, con voce rauca e piena di dispiacere, mi disse: “Mario, oggi ti porterò da tua zia”. Feci fatica a capire cosa intendesse con quella frase e mi chiesi perché la mamma non fosse venuta con noi. Rimasi in silenzio e buono, mentre il mio papà pedalava; raggiungemmo San Sepolcro, in quella casa dove, diversi anni prima, tutto aveva avuto inizio.
Le lacrime mi rigavano il viso. Mi sentii solo, strappato dal mio nido, dalla mia casa, dall’amore dei miei genitori. Il dolore fu grande e sentivo la nostalgia farsi già strada nel mio cuore. Non potevo farci nulla, ero solo un bambino di cinque anni. Cercai di farmi coraggio.
Arrivati a San Sepolcro, mia zia mi accolse a braccia aperte e, prendendomi in braccio e coccolandomi, cercò di farmi sentire il suo affetto. Purtroppo, seppur nel cuore di mia zia c’era amore per me, io nel mio sentivo crescere la tristezza e la malinconia. La mia casa era lontana e mi sentivo solo, perso, trasportato in una realtà del tutto nuova per me e che dovevo imparare a comprendere. Il focolare della mia famiglia era lontano, come anche il profumo della mia mamma, le sue carezze, la sua voce.
Cercando di distrarmi dal dolore che sentivo crescere nel cuore, mi armai della mia curiosità e decisi di avventurarmi in quell’ambiente, cercando di conoscere i miei zii, scoprire gli spazi e famigliarizzare con gli odori di quella mia nuova abitazione.
La casa era semplice e modesta. Varcata la soglia, che mio padre per primo diversi anni prima aveva oltrepassato, venni subito accolto dalla cucina e dal suo focolare. Salii una scala in legno che mi condusse al balcone del piano superiore su cui si affacciava la camera da letto dei miei zii e, accanto alla loro, una stanza più piccola con un lettino; probabilmente destinata a me.
Sentii la solitudine invadere il mio cuore, accompagnata dai sensi di colpa, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me. Mi chiesi più e più volte se quella scelta fosse in qualche modo dovuta a me, se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Fortissime emozioni si facevano strada dentro di me e mi si strinse il cuore cercando di accettare quella nuova realtà. La notte, accoccolato nel mio nuovo lettino, mi chiedevo dove fosse la mia mamma e mi addormentavo immaginandomi di essere fra le sue braccia al sicuro.
I giorni passarono lunghi e lenti, finché una mattina lo vidi arrivare: era il mio papà che veniva a riprendermi! La gioia nei miei occhi illuminava la casa e, in un attimo, spalancò di nuovo le porte del mio cuore.
Stavo tornando a casa finalmente! Il mio nido era lì che mi aspettava e ora il tempo sembrava scorrere velocissimo. Erano passati cinque lunghi mesi e dentro di me sentivo che ora sarebbe stato tutto diverso.
Imboccata la strada di casa riconobbi subito quegli ambienti famigliari e a me tanto cari.
Il mio fratellino e la mia mamma erano lì ad aspettarmi; il mio cuore fu invaso dall’amore e dall’emozione! La casa non era cambiata e il profumo era lo stesso di sempre, io invece mi sento un po’ provato da tutto.
L’amore della mia famiglia, del mio nido, presto mi scaldarono l’anima e cominciai a prendere pian piano confidenza con il mio fratellino. Giancarlo era molto curioso, esplorava il mondo e cercava di conoscere meglio anche me. Sentivo che i nostri cuori parlavano, come solo due cuori fratelli possono fare. Sentivo nel profondo che lui era buono, un buono di cuore.
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