Il Grande passo

Ero seduto in classe, quel giorno sarebbe venuta la direttrice in classe. Si aprì la porta e fece il suo ingresso una donna alta e magra; la prima cosa che mi colpì fu la piuma centrale attaccata al suo cappellino rotondo. Urlai emozionato: “Una donna indiana!”. Ero così felice che sbadatamente coinvolsi tutta la classe in quell’euforia che, ahimè, non venne vista di buon occhio dalla signora Direttrice; mi segnò subito un cinque in condotta. La donna incuriosita dai nostri lavori e per poterli ammirare meglio, iniziò a girare per la classe, finché non si fermò davanti alla mia rappresentazione della Tour Eiffel.

“Chi ha fatto questo lavoro?”, chiese meravigliata. La mia maestra con orgoglio esclamò in risposta: “Quello del cinque in condotta!”. La signora Direttrice rimase in silenzio, le si poteva leggere lo stupore negli occhi, poi la vidi affrettarsi a raggiungere la cattedra e, incredibilmente, tolse il mio cinque.

Molti anni più tardi da questo episodio, ricordo che, durante una mia mostra, vidi entrare una signora alta e magra; la donna felice si guardava attorno, poco dopo si avvicinò a me e con timidezza mi disse: “Sono stata la tua direttrice di scuola”. Fu un incontro emozionante.

Giunto il termine dell’anno scolastico la mia maestra mi chiese di poter parlare con la mia mamma. Le osservai una davanti all’altra; la mia maestra aveva un’aria un po’ preoccupata e un po’ emozionata.

“Elvira, non voglio che Mario si rovini, passando la vita qui, circondato da gente che non lo apprezza. Vorrei portarlo a Milano, con il vostro permesso. Voglio presentarlo ad un bravo maestro di pittura per vedere cosa dice e cosa ne pensa di questo ragazzo talentoso”.

Mia mamma sorrise, era ben visibile la sua contentezza, e accettò la proposta. Io rimasi senza parole al solo pensiero e ripetei fra me e me: “Milano!”.

Allora non sapevo nemmeno dove fosse Gallarate, figuriamoci Milano: la grande città. Da lì a poco la mia vita cambiò: mi trovai davanti il Maestro Adriano Gajoni.