Pedalando verso la luce

Pedalando verso la luce

Il racconto di Elvira, la mamma di Mario

Ricordo con che sollievo sentivo il vento sul viso sudato. Qualche goccia di sudore seguiva i lineamenti delle mie guance e della fronte. Le mani erano strette al manubrio della bici tanto forti che erano segnate e doloranti, ma era come se mi dessero la forza per andare avanti. Qualche ciocca di capelli era incollata alla mia pelle, mentre altre danzavano al vento accanto al mio viso. Ricordo il mio respiro farsi sempre più forte e ogni pedalata più dolorante, pesante e faticosa, ma ogni sforzo era pieno d’amore, era pieno di speranza e orgoglio, era pieno di te.

In quegli anni non c’erano altri mezzi per potersi spostare, quindi mi sentivo costretta a farlo, per me e per il tuo bene. Il reparto maternità dell’ospedale di Somma Lombardo era distante dieci chilometri e il mio pancione, che ti aveva custodito per nove mesi, era davvero grande, ma sapevo che dentro di me c’era la forza necessaria per potercela fare. Per te e per me. Eri tu la mia forza.

Quando finalmente raggiunsi l’ospedale fui davvero sollevata di essere al sicuro. Ce l’avevo fatta! Sapevo che c’era ancora da combattere, che le fatiche erano tutt’altro che terminate, ma tu da lì a poco saresti venuto al mondo come il dono più bello che potesse farmi la vita. E mancava davvero poco!

L’emozione immensa dell’attesa lasciò poi posto, dopo qualche ora, ad un incolmabile amore. Eccoti fra le mie braccia! Nel mio cuore non c’era più paura, dolore e ansia, ma solo pace e amore; un amore che solo una mamma può conoscere, la Tua mamma.

Avevo passato così tanto tempo a sperare e pregare per la tua salute, sognarti, immaginare di stringerti forte a me, a sentire i tuoi calci e pensare quanto fossi già cosi forte. E poi eccoti lì! Eri un bel maschietto ed eri cosi piccino, al sicuro accoccolato fra le mie braccia, con il calore e il profumo della tua pelle, le tue mani piccoline e le tue labbra socchiuse. Le lacrime scesero più di una volta ad accarezzarmi le guance sudate dalla fatica; lacrime piene di felicità, orgoglio e amore.

Era la mattina del 3 giugno 1945 e il mondo poteva solo intuire il dono che Elvira gli aveva fatto.
Nasceva così, con il sole, Mario; sulle luminose sponde del lago di Comabbio, frutto dell’immenso amore e del grande coraggio della sua mamma.

profumo di polenta
Precedente Dal profumo di una polenta
Successivo L'Esilio
Mario da Corgeno da bambino

Non sono permessi commenti

© All rights reserved